Semifinalista al Roma Fringe Festival 2017 con menzione per il "Premio del pubblico".

Semifinalista a In-Box Verde 2021 (selezione finalisti ancora in corso).


Dal racconto di Oscar Wilde.
 Regia di Antonio Tancredi. Con Francesca Giacardi e Maria Teresa Giachetta. Scene e costumi di Valentina Albino. Assistente scenografa Francesca Smith. Musiche originali di Claudia Pisani. Sartoria a cura di Francesca Bombace. Compagnia Cattivi Maestri. Durata 45m.

“Un tempo, un tempo molto lontano abitava la terra il popolo dei giganti”, ma siamo proprio sicuri che i giganti non esistano più? Il nostro è un gigante speciale, egoista, che ama il suo giardino sopra ogni cosa e non sopporta che qualcuno lo possa rovinare. Ma vivere significa usare, scalfire e a volte sciupare. Il nostro gigante si accorge che la solitudine è gelo, che i bambini sono calore e che se desideri che i tuoi fiori sboccino devi permettergli di essere accarezzati e, a volte, calpestati. Il nostro gigante capisce tutto questo grazie all'amore dei bambini, che desiderano essere ascoltati da lui, amano giocare insieme a lui, lo cercano, si affezionano e non lo lasciano mai in pace, come fanno tutti i bambini del mondo con i loro giganti.
Due attrici/narratrici attraverso l'utilizzo di pupazzi e oggetti ci racconteranno una delle storie più emozionanti di Oscar Wilde con la leggerezza di due vagabondi che il tempo porta in giro. Le musiche sono sono state composte e suonate al piano da Claudia Pisani, la scenografia di Valentina Albino crea oggetti magici e trasformisti, la regia di Antonio Tancredi  mette in luce la poesia che ha reso questa favola eterna.
Lo spettacolo affronta il tema molto attuale della difficoltà a relazionarsi con gli altri e porta a riflettere sulla necessità di aprirsi all'altro in un tempo in cui ci troviamo sempre più spesso di fronte a fenomeni di isolamento ed esclusione.

Note di regia
Il gigante egoista è la storia dell’amore di un gigante per il proprio giardino, un amore assoluto ed esclusivo. Un amore dove non c’è posto per nessuno se non per il gigante stesso. Per questo, quando i bambini entrano nel giardino, lui costruisce un grosso muro. Un muro alto che non lascia passare nessuno, spesso come una corazza. Ma non c’è muro largo e alto entro il quale non poter fare una breccia.
E solo con il ritorno dei bambini e con l’incontro con uno di loro che il giardino, diventato grigio e bianco per la neve, tornerà a fiorire. Un giardino, per quanto bello, senza la possibilità di essere condiviso con qualcuno sarà un giardino triste e freddo. A scongelare il Gigante sarà un bacio, il bacio di un bambino. Quel bacio avrà il potere di aprire la breccia della corazza che si è costruito il gigante, come il vento aveva fatto con il suo muro.
Centrale in questo racconto di Wilde è l’immagine del giardino come luogo del cuore. Ciò che succede al giardino, succede anche al cuore del gigante. Il gelo, la neve, la grandine diventano stati dell’anima. L’incontro con il bambino, bisognoso d’aiuto perché non riesce a salire sull’albero, dà l’occasione al gigante/adulto di uscire fuori dalla sua corazza. Il prendersi cura del bambino aiuta il gigante ad uscire da quel gelo in cui si era cacciato. Ma ciò che è importante scopre che il proprio giardino era vuoto senza quel bambino, senza quei bambini. 
L’amore fa scoprire al gigante il vuoto del proprio egoismo. Nessuno può bastare a se. E questo che forse impara il Gigante. Ed una volta scoperto l’amore, non importa se anche solo per un attimo, quel sentimento riempirà per sempre il proprio giardino.
Nella fiaba di Wilde i bambini sono accomunati alla primavera, il loro affacciarsi nel giardino fa rifiorire le piante, gli alberi. Rappresentano quel tempo in cui la vita si affaccia impetuosa e vitale, come la gemma sotto la corteccia. A quel primo tempo Wilde attribuisce il coraggio di osare, di sognare di oltrepassare i muri, nonostante le regole e le convenzioni che vorrebbero rispettati i divieti del Gigante. A loro e agli adulti/giganti, Wilde dedica questa fiaba.
I personaggi della nostra storia sono due nomadi, che si chiamano Route e Road. Sono nomadi. Sempre in viaggio, sempre sulla strada. Entrano chiedendo permesso per poter sostare un momento, il tempo di una storia, e poi ripartano. La storia che raccontano, forse sempre la stessa, è quella di un gigante che creava muri e non faceva entrare nessuno nel suo giardino.
Una storia così, in effetti,  potevano raccontarla.



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Dossier
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Su richiesta è disponibile il video integrale dello spettacolo.

Contatti:
349 2984973 (Francesca), cattivimaestri@officinesolimano.it








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