L'onorevole 
                    Di Leonardo Sciascia. Con Gabriele Catalano,  Maria Teresa Giachetta, Jacopo Marchisio, Federico Migliardi, Gianluca Nasuti,  Stelvio Voarino. Suoni di Massimo Bressan. Regia dei Cattivi Maestri. 
                     
                    Incombono le elezioni politiche e l'Italia  sembra pericolosamente divisa in due. La legge elettorale proporzionale si  scontra con una diffusa tentazione maggioritaria, la mafia conduce i propri  affari e la Chiesa si prepara a entrare direttamente in gioco. Sulla sfondo, la  dittatura fascista, la Resistenza, i progetti di piani regolatori e grandi  opere pubbliche, gli accesi scontri interni agli stessi partiti. 
Banale, scontato e forse ingiusto dire che L'onorevole – storia di un professore di provincia eletto alla Camera nel clima infuocato  del '48, preludio a una carriera che lo condurrà sino ai vertici istituzionali  – sembra scritto non nel 1964 ma ieri e forse addirittura oggi: ma il testo non  autorizza accenti qualunquistici o sterili tentazioni antipolitiche,  affrontando anzi un lucido discorso sul potere e la sua rappresentazione che  supera la contingenza senza però stimbrare nel generico.  
Meno conosciuta di quella narrativa, l'attività  drammaturgica di Sciascia non è tuttavia irrilevante: questo testo, che  l'autore definì morality play, combina l'impegno civile spinto fino al  didascalico di un Brecht con un discorso sulla verità e le apparenze, sugli  inganni del sentimento, della ragione e persino della fede in cui è evidente  l'influenza di Pirandello.  
Sciascia riteneva il suo testo più adatto alla  lettura che alla messinscena, ravvisandovi egli stesso difetti di  caratterizzazione e di svolgimento. Tuttavia, proprio la velocità dell'azione e  i semplici accenni che ritraggono i personaggi attribuiscono all'insieme una  svelta incisività che ben prepara l'irridente e inatteso finale. Efficace, in  particolare, il conflitto perennemente sotteso fra cultura e potere (di qui il  ruolo dell'oggetto “libro”, visibile o velato, come elemento dominante della  scena); e l'idea di una manipolazione che finisce per travolgere – sino  all'ultima rivelazione – il pubblico stesso, come sottolinea il grande sipario  che avvolge e inquadra l'azione, commentata dallo sguardo immobile e antico di  un paio di pupi che i manovratori della storia pongono fin da subito da un  lato 
 
 
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