Ispirato  alla fiaba dei Fratelli Grimm. 
                    Di Francesca  Giacardi, Maria Teresa Giachetta e Antonio Tancredi. 
                  Drammaturgia  e regia di Antonio Tancredi. 
                    Con  Francesca Giacardi e Maria Teresa Giachetta. 
                    Scene e  costumi di Valentina Albino. 
                    Assistente  scene e costumi Silvia Guidetti. 
                    Tecnico di  scena Nicola Calcagno 
                  Una  produzione di Cattivi Maestri Teatro. 
                     
                  PRESENTAZIONE 
  ‘Per un  Raperonzolo’ ha debuttato nell’ottobre del 2024 distinguendosi come una delle  produzioni della compagnia, dedicate all'infanzia, più coinvolgenti, capace di  parlare all'infanzia come ad un pubblico adulto. E' uno spettacolo che offre  una  rilettura originale  della celebre fiaba dei fratelli Grimm,  mettendo in luce dettagli, particolari, sfumature di una storia profonda  e unica che da secoli incanta generazioni di  lettori. 
                    Protagoniste  sono due cuoche che tra ortaggi e mestoli, ricostruiscono la storia di  Raperonzolo con parole, gesti e oggetti. La messa in scena utilizza un  linguaggio visivo e narrativo fresco e avvincente, adatto ad un pubblico di  tutte le età. La storia di Raperonzolo, dietro uno schema  semplice e comune a tante fiabe che hanno  come obiettivo ultimo di nutrire la speranza e la resilienza di chi le ascolta  e curarne le ferite, racconta le difficoltà del percorso di crescita personale  e delle sue tappe evolutive in cui sono messi in gioco la libertà e la  formazione della propria identità. 
                  La protagonista  della nostra storia, Raperonzolo, si ritrova ad essere prigioniera a sua  insaputa, a dover accettare una formazione che informa e che non libera. Eppure  troverà la forza per proseguire nel proprio cammino, diventando così una specie  di simbolo di resilienza  e resistenza,  non abbandonando mai,  anche nei momenti  più oscuri, quella speranza, che non è accettazione di un'oscura provvidenza,  ma l'essenza stessa della vita. 
                   
                  SINOSSI 
                    A raccontare la  storia di Raperonzolo sono due cuoche che stanno preparando una torta. Sul  banco della piccola cucina vengono portati tutti gli ingredienti. È tutto  pronto quando il desiderio di un caffè, interrompe la preparazione. Ma il  lavoro incalza, non ci si può fermare e desiderare, avere voglia di  qualcos'altro può essere fonte di guai, come per quei due contadini che per la  voglia di raperonzoli persero una figlia. 
                    Ma non si può  richiamare una storia senza raccontarla tutta. E così, tra un caffè e la  preparazione della torta, (di cui il pubblico potrà apprezzare anche i  profumi,) le due cuoche non smettono di raccontare e interrogarsi su quella  storia così strana che ha inizio con un desiderio, quello di avere un figlio, e  una voglia, quella di raperonzoli cresciuti nell’orto di una fata. 
                  Le due cuoche  raccontano e fanno vivere la fiaba di Raperonzolo utilizzando ortaggi, mestoli,  cucchiai, ciò che trovano sul bancone. Sono partecipi della sorte dei  protagonisti fino a intervenire prendendo parte ad una storia che parla anche  di loro e di noi tutti. Una storia, una fiaba, che ci ricorda come, anche nei  momenti più bui, non bisogna dimenticare la speranza di un lieto fine. La vita  avrà i suoi dolori, le sue ferite, i suoi abbandoni, ma vale sempre la pena di  essere vissuta, fino in fondo. 
                   
                  NOTE DI  REGIA 
  “Le fiabe  spesso sono cruente, crudeli e la storia di Raperonzolo non fa eccezione. 
                    Raperonzolo  viene presa da una fata dopo la nascita, portata via dai genitori, rinchiusa in  una torre, allontanata dal principe di cui si innamora e abbandonata in un  deserto. Decisamente una vita poco augurabile. Ma allora perché raccontarla? 
                    Alla fine della  storia Raperonzolo incontrerà il suo principe e con lui e i suoi due figli nati  dall'amore vivranno felici e contento, come vuole il finale di ogni fiaba. 
                    Si possono  raccontare disastri e sfortune, le vicende   più raccapriccianti, ma non si può non avere un lieto fine. Questo è  necessario come il pane. La speranza nutre e come il pane non è mai abbastanza.  Sarà lei a tenerci su, a non farci demordere nei momenti bui. 
                  La nostra fiaba  non inizia con un inciampo, anzi inizia con una nascita, quella di una figlia  tanto desiderata. Ma a rompere quell'incantesimo arriva la fata che  implacabilmente richiede quella vita, sottraendola a chi ha contribuito a  portarla fuori. 
                  La fata è il  non calcolato, l'imprevisto e la vita stessa che afferma come ciò che riteniamo  nostro in realtà non ci appartiene. La fata è forse il fato stesso, che bussa  alla porta quando meno uno se lo aspetta. 
                    Quanti rimandi  in queste fiabe ad un sapere secolare. Come non scorgere nella richiesta della  fata quella che fece un Dio ad Abramo quando gli chiese di sacrificare il suo  primogenito. 
                    Ma la fiaba ci  suggerisce ancora qualcos'altro, una legge universale: i figli non appartengono  ai genitori, e forse neanche alle divinità, ma alla vita. 
                    I figli sono  della vita e questa ha un solo imperativo: vivere pienamente. 
                  Nella nostra  messinscena, la fiaba di Raperonzolo si intreccia a quella delle due cuoche che  raccontano la storia di Raperonzolo. In loro, nei loro sguardi, parole, silenzi  riverbera quella 
                    tensione  presente nel percorso di una crescita personale e che entrambe rivivono  attraverso il racconto: restare, non uscire dal proprio mondo conosciuto, o  mettersi in viaggio per vedere altre colline, paesaggi e orizzonti. Ma  viaggiare,  come vivere, comporterà anche  affrontare imprevisti, dolori e gioie. 
                  E come ci  racconta Raperonzolo, solo alla fine potremmo sapere se ne è valsa la pena.” 
                  (Antonio  Tancredi). 
                   
                  DURATA: 55  minuti circa 
                     
                  ETA’: dai 5  anni – per la scuola Primaria 
                     
                  LINGUAGGIO: teatro d’attore con uso di oggetti (ortaggi) 
                   
                  SCHEDA TECNICA 
                    Spazio Scenico  Minimo 
                    7 (larghezza) x  5 di profondità 
                   
                  Luci 
                  8 fari: 6  frontali e 2 tagli laterali 
                  Impianto audio 
                    Adeguato allo  spazio, in caso di necessità disponiamo dei nostri archetti radiomicrofoni 
                  Esigenze  particolari 
                    3 prese sul  palco di cui 1 dimmerabile 
                  Lo spettacolo ha debuttato il 12 ottobre 2024. 
                     
                     
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                    Contatti:  
                  349 2984973 (Francesca) 
                  cattivimaestri@officinesolimano.it 
                
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